“TUTTA LA VITA COME UN UNICO CANTO”
Suor Maria Gloria / Annamaria Fumagalli
Bernaga, 24 settembre 2021
Venerdì 24 settembre 2021 Mons. Stucchi ha celebrato la Santa Messa funebre per Suor Maria Gloria, volata in Cielo da Colui ha dedicato tutta la sua vita. In suo ricordo pubblichiamo la trascrizione dell’omelia di don Luigi e la registrazione della stessa, entrambe effettuate dalle Romite che hanno condiviso la sua vita monastica.
È bello vedere tutti voi qui presenti, è bello ancora di più immaginare, intuire quello che in questo momento sta accadendo in Paradiso.
Noi raccontiamo le cose della terra, ma possiamo intuire e cercare di contemplare quanto sta nel Paradiso. Vorrei che ci lasciassimo guidare dalla Parola di Dio, ma anche da questo passaggio, da questa Monaca Romita; da quanto ha intuito e quanto ha testimoniato.
Io penso, carissimi, di poter dire così: il desiderio sempre presente nel cuore di questa nostra sorella, Anna Maria, si può descrivere in tre modi profondamente legati in unità.
Il primo modo: la vita come canto, più esattamente come un unico canto. Il secondo: donare tutto al Signore, e il terzo: il cuore libero – che non vuol dire indifferente, anzi un cuore libero scandaglia le profondità umane, spirituali -, il cuore libero per amare tutti nel Signore.
Il suo, di Annamaria, è stato un cammino molto lineare, compiuto nella quotidianità del suo lavoro, con viva attenzione alle persone, con una sensibilità molto intensa e vibrante, con una passione missionaria molto forte, col desiderio di far amare il Signore. Sempre gioiosa e insieme rigorosa nelle piccole, nelle grandi scelte di ogni giorno. Dedicava la stessa serietà alle piccole cose, si sa, le cose di ogni giorno… ma sapeva compiere con semplicità la cosa più grande e difficile, ma più bella, e cioè consumarsi nell’amore del Signore, facendo luce senza imporsi e nulla pretendendo, ma desiderando – questo sì – ardentemente che tutte le persone facessero esperienza vera di Dio e del Suo amore. Ci ha amati tutti, tutti e tutte così, con questa intenzione profonda, non dichiarata, ma vissuta. E che cos’è questo se non il Cantico dei cantici, il canto della prima Lettura?
Ha coltivato il desiderio e la volontà di una vita monastica da molti anni fa. L’ha coltivato come desiderio e volontà finché mamma Emilia fu su questa terra. Poi, senza esitazione, ha varcato la porta di questo monastero convinta che, davvero, – come sta scritto – “DIO MI BASTA”. Lo si può credere di qua, ma lo si può sperimentare solo di là questo “Dio mi basta” che fa a volte paura.
Tutto di se stessa raccolse, dedicandosi per una settimana a un ritiro spirituale personale in assoluto silenzio – ancora nel mondo – meditando l’Inno delle Lodi del breviario ambrosiano, Inno di comunione trinitaria, “O splendore del Padre, o luce nata da luce. Mi direbbe: “Don Luigi, non così, bisogna cantarlo!”. Eh già!
E una notte rimase sempre in Chiesa, senza che altri se ne accorgessero.
Così la nostra carissima suor Maria Gloria aveva e testimoniava come normalità convinzioni profonde, determinanti, unificanti, gioiose. Con lei non c’era da discutere, da confrontare opinioni: c’era da vibrare per il Signore. Se vuoi… se non vuoi, sarai meno gioioso, meno gioiosa… o forse peggio, ma questo non lo diceva, lo comunicava con lo sguardo, con il desiderio. Nella normalità, convinzioni profonde, determinanti, unificanti, gioiose.
La vita come canto, cioè come un permanente “Magnificat” – il brano del Vangelo di Luca – che si sprigiona dentro un incontro di persone, in un intreccio di fede e di carità, di condivisione, di attenzione; vibra la vita, percepisci che c’è qualcosa di più, e se non lo vuoi perdere lo devi accogliere e donare, lasciarlo passare nelle proprie mani, non tenerlo: è la vibrazione dello spirito, è la vita come canto, è il canto di Maria. Per questa nostra Sorella, anche nelle prove, nel dolore, nella difficoltà il cuore poteva solo cantare, non con una esteriorità – perché guardare dentro diventa difficile – ma proprio perché guardava dentro più in profondità: dentro di sé, mettendo a nudo tutto, nella luce, nella verità del Signore e del Suo amore.
E ancora: donare tutto al Signore, per essere in rapporto con Lui in questa forma che ci ha proposto l’Apostolo nella seconda Lettura e che ha dato il nome stesso alla vita monastica di Annamaria, diventata appunto suor Maria Gloria. Una permanente lode della Sua gloria, la vita come lode della gloria del Dio vivente. E in questo stando non come logorata da un desiderio che non si compie, ma dentro un mistero che quotidianamente si compie, e continuamente, quindi, stava protesa su questa intenzione: essere lode della gloria di Dio.
Anche dopo l’amministrazione del sacramento dell’Unzione – pochi giorni fa – alla mia domanda: «Cosa ti resta adesso?», non l’ho formulata proprio in modo preciso, ma lei ha osato anche dire, in un altro momento: «Ma quanti giorni mi mancano ancora?». Ma non intristendosi, e neppure sobbalzando. Desiderando!
E comunque, con quel filo di voce che per sentirlo dovevi protendere l’orecchio e lo sguardo per interpretarlo, sentirlo… alla domanda rispose con prontezza, con chiarezza, con determinazione, decisamente: «Donare tutto al Signore, non tenere nulla per me!». Ma questo non l’ha pensato per gli ultimi giorni, anche perché normalmente gli ultimi giorni non si pensano come tali, vengono però; ma per lei gli ultimi giorni sono stati quelli che andavano a dare compimento, o che ti venivano incontro, dentro la malattia, dentro una fatica, ma ti venivano incontro perché diventasse completo questo “donare tutto al Signore… non tenere nulla per me”. Quello che sono, quello che faccio lo sia e lo faccia solo per il Signore”.
E il terzo aspetto: il cuore libero per amare tutti nel Signore.
Per suor Maria Gloria non servivano compromessi o mezze misure o adattamenti: la sua regola – ma non dentro il monastero, molto prima, molto prima – la sua regola, la sua impronta stava in una visione unitaria e unificante: tutto nel Signore e nel Suo amore. La differenza non era tra una cosa piccola e una grande, ma tra una misura mediocre e una misura di santità vera che la portava a metterci tutto il cuore per arrivare al cuore di tutti, al cuore di tutti e di tutte grazie all’esperienza dell’amore del Signore, per gustare già e sempre la pienezza della vera vita.
Domandatevi perché è sempre stata serena, gioiosa, sorridente, composta, eppure vibrante, partecipe, come se volesse arrivare a tutto, ma quel tutto era il mistero dell’amore del Signore che abitava e adesso inabita ancora di più come Padre e Figlio e Spirito la lode dell’unica gloria di Dio, dell’unica gloria che è Dio.
Questa pienezza è essere l’uno nell’altro a cominciare – e torniamo all’Inno già ricordato – a cominciare da una strofa di questo Inno che canterebbe lei: “Tutto nel Padre vivi; tutto in Te – in Te Gesù – vive il Padre”.
Grazie carissima suor Maria Gloria, canta ancora e di più: quando siamo sordi, quando siamo distratti, quando siamo schiacciati da giornate difficili. Canta ancora di più per noi, con noi, per tutti e così – ed è ancora l’Inno – “All’eterno si levi la lode, e all’unico Suo Figlio, con lo Spirito Santo negli infiniti secoli. Amen”.
E paradossalmente la morte del corpo, la morte fisica è traccia inconfondibile di questo ‘amen’, di questo ‘si’ che è un ‘sì’ alla vita, perché la morte è vita se è vissuta così.
† Luigi Stucchi
Trascrizione dal registratore non rivista dall’Autore. Di seguito la registrazione completa: