È “DEMOCRATICO”? 

Si, ma non va bene

25 aprile 2020

 

È “democratico”? Si, ma non va bene.

Detto così sembrerebbe una stridente contraddizione.

Si possono mettere insieme questi due termini, cioè la qualifica di democraticità come caratteristica decisiva di un soggetto e la qualifica negativa dello stesso soggetto ?

Certamente no, perché sarebbe evidente e stridente il contrasto.

Eppure la qualifica di democraticità a volte la si usa impropriamente, come una sorta di password che se la usi “bene” fa passare e accredita come “buono” anche il male.

Ma perché sto stancando e affaticando i miei già pochi lettori con queste questioni ?

Lo spunto mi è venuto leggendo questa mattina su “Avvenire” una lunga intervista alla persona che è considerata come “regina della fiction” televisiva. Tra le tante domande, interrogata sulla attuale situazione con riferimento esplicito al coronavirus, lo qualifica tra virgolette come virus “democratico” perché colpisce senza guardare in faccia nessuno, come se avesse dentro di se l’occulta regia per non fare differenze di persone.

Ovviamente la regina intervistata, mettendo tra virgolette la qualifica di democraticità del virus, lo destituisce di ogni qualifica buona e ne evidenzia invece la drammaticità negativa, distruttiva, inquietante. Come a dire che non basta non fare distinzioni per agire davvero democraticamente. Anzi, si potrebbe aggiungere che, essendo già tante le differenze tra persone sotto tanti profili diversi, a voler disinvoltamente trattare tutti allo stesso modo si potrebbe rischiare di non fare giustizia, ma pesanti ingiustizie.

Lo sguardo limpido su ogni tipo e condizione di persona ha il suo cardine anzitutto nel riconoscere come fondante per la giustizia vera ed equa proprio la dignità di ogni persona e il suo conseguente riconoscimento per poter poi garantire e offrire a ciascuno ciò di cui ha necessità in ordine a diritti sostanziali come diritto alla vita, alla libertà di educazione, al lavoro e al salario familiare, all’accesso ai servizi alla persona, a non lasciare indietro nessuno nella storia di un popolo capace di democrazia vera e sostanziale, nell’ambito, appunto, della educazione, del lavoro e della cura.

In questo giorno della liberazione si custodisce con memoria viva e costruttiva una promessa già iscritta nell’evento-memoria della liberazione, ma sempre da riproporre come volontà e capacità di curare e promuovere il bene comune nella casa comune non mantenendo o difendendo privilegi, non trascurando chi non ha voce, non facendo pagare sempre ai più deboli, ma col coraggio dell’equità, delle riforme, dello snellimento della burocrazia che è e ha un costo altissimo.

Mettiamo tra virgolette tutto quanto sa di virus nella stessa esperienza di fatto della democrazia, puntando a dare ai più deboli quanto è necessario per esercitare diritti fondamentali, non invece godere di proiezioni di individualismi esasperati dei più forti fatti passare come intoccabili perché acquisiti.

Se i lettori non si sono esauriti auspico che continui anche tra amici e in famiglia qualche approfondimento.

Luigi Stucchi

Lascia un commento